Giardinaggio e Conservazione della Natura

Fabrizio Martini

Il giardino, inteso come luogo di riunione secondo canoni essenzialmente estetici di specie assai diverse per collocazione sistematica e provenienza, appare di certo l’antitesi del paesaggio naturale, così come viene percepito dalla comune sensibilità.
Prodotto dell’arte antica e nobile del giardinaggio, il giardino si può interpretare come una semplificazione del tessuto vegetale naturale al pari di una coltivazione agraria, rispetto alla quale si differenzia in buona sostanza per gli scopi prettamente ornamentali anziché produttivi. Le qualità che rendono il giardino così facilmente riconoscibile e apprezzato, a prescindere dai manufatti eventualmente presenti, sono frutto dell’intensità e della costanza dell’intervento umano, necessario per imporre un ordine del tutto innaturale, anche se in alcune circostanze volutamente modellato sul paesaggio circostante (giardino del periodo romantico).

All’interno del giardino regna comunque una sorta di equilibrio altamente instabile che viene repentinamente a mutare con il cessare della manutenzione. In realtà concetti molto simili si possono esprimere anche per buona parte del paesaggio naturale, in territori dove la presenza dell’uomo è diffusa e può risalire alla preistoria. L’armonico succedersi di prati, pascoli e boschi in un paesaggio montano è infatti il risultato dell’antico intervento dell’uomo connesso con le attività agrosilvopastorali. L’effetto del diffuso abbandono di queste attività è sotto agli occhi di tutti ed è rappresentato da una generale e sostenuta ripresa del bosco, con la conseguente scomparsa degli ambienti prativi e del loro patrimonio di specie vegetali e animali. Diversa e ben più preoccupante la situazione in cui versano la maggior parte delle aree planiziali, dove la pressione antropica ha quasi del tutto sconvolto l’assetto naturale, portando alla scomparsa talvolta completa del paesaggio originario e di buona parte della flora autoctona. In molte regioni perciò è venuta progressivamente imponendosi l’esigenza di preservare le ultime vestigia di naturalità o quantomeno di proteggere le specie che di questo paesaggio facevano parte e che sono minacciate di estinzione.
A questo livello si colloca l’attività di coltivazione e riproduzione in giardini specializzati di specie minacciate, per promuoverne in un secondo tempo la reintroduzione in oasi di tutela ambientale. In questo panorama quale ruolo può svolgere il giardino, e il giardino privato in particolare? Sicuramente un ruolo positivo, anche se con ovvi distinguo in fatto di finalità. Giardini situati nella periferia urbana o in centri minori ad esempio possiedono spesso elementi naturali che però, data la scarsa conoscenza e sensibilità dei proprietari, vengono estirpati e sostituiti con specie importate. Da qui nasce l’esigenza di promuovere negli appassionati una maggiore conoscenza della flora spontanea locale e del suo rispetto e valorizzazione nella manutenzione del giardino, consentendole di sopravvivere come in altrettante piccole oasi di naturalità.
Accanto a ciò si può auspicare la reintroduzione nei giardini di elementi arbustivi delle siepi tradizionali, con il progressivo abbandono, seppure parziale, di elementi esotici, spesso anche di dubbio valore estetico, imposti dalla moda o da una sottocultura che è andata diffondendosi con l’affermarsi del giardinaggio consumistico. La presenza di una siepe polifitica, costituita cioè da più specie, spontanee e coltivate per esaltarne l’effetto scenografico, comporta oltretutto maggiori possibilità di sopravvivenza per la fauna selvatica. Si tratta quindi di introdurre elementi della cultura naturalistica, nel rispetto di una tradizione un tempo esistente ma ormai misconosciuta, in un campo troppo spesso dominato dalla pura artificiosità.

Questo tipo d’impostazione è d’altra parte largamente diffuso in molti Paesi transalpini, dove certo non manca la cultura del giardinaggio, ma dove altresì è frequente osservare specie naturali impiegate per abbellire aiole del centro urbano e l’effetto non manca di certo.
Vedere per credere!

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