Sboccia dopo un secolo la rosa bianca di Trieste fiore antico dell’impero

Ecco come il botanico Vladimir Vremec ha ritrovato la rarissima specie ibridata nel 1892 da Giulio Perotti di IVANA SUHADOLC

di IVANA SUHADOLC

Una rosa nata a Trieste, un vanto per la città. Con radici cosmopolite che toccano mezza Europa, proprio come il suo luogo d’origine. Una rosa che ha avuto grande fama internazionale e poi, non si sa come né precisamente quando, è sparita. Se ne è perso persino il ricordo. Poi un triestino appassionato rodologo ne ha trovato una testimonianza e, testardo, non l’ha voluta credere morta. È una storia che assomiglia a un giallo, anche se la rosa triestina è una rosa bianca.

La sua biografia inizia nel 1892. Il suo creatore si chiama Giulio Perotti ed è venuto al mondo come Julius Prott a Ueckermünde in Germania. Ha studiato canto in Italia ed è diventato un tenore famoso. Nella sua città d’origine sul Mar Baltico, al confine con l’attuale Polonia, si tiene ancora oggi un concorso di canto lirico a lui intitolato. Perotti, che si esibisce nei maggiori teatri d’opera europei, decide di stabilirsi a Trieste. Qui nel 1879 la sua famiglia apre un vivaio e un negozio di fiori, molto noto in città.

Perotti, oltre che celebre cantante, è anche un appassionato collezionista di rose. Un giorno, mentre sta ammirando i bei fiori rosa della sua Bougère, nota che un ramo della pianta porta fiori di colore diverso, bianchi. È una mutazione, fatto raro in natura anche se non straordinario. Perotti sa subito che cosa fare e dal ramo bianco riesce a creare una specie diversa. Trieste assiste per la prima e ultima volta alla nascita di una rosa nuova.

La nostra storia a questo punto si sposta a Budapest, perché Perotti decide di sottoporre la sua creatura al giudizio di un’assemblea di vivaisti ungheresi: proprio nel 1892 sta infatti per iniziare un contratto pluriennale con l’Opera della capitale magiara.

L’assemblea tanto apprezza la nuova nata da chiedere al suo creatore di chiamarla Deák Ferencz Emléke, che in ungherese significa Ricordo di Ferencz Deák. Si tratta nientemeno che di un padre della patria ungherese. Il suo volto è ancora oggi stampato su un taglio massimo: le banconote da ventimila fiorini.

La rosa triestina ci rivela un grande personaggio. È stato Deák a dare il via al processo politico che nel 1867 ha portato al superamento del centralismo asburgico e all’istituzione della duplice monarchia. Budapest ha acquisito allora un’ampia autonomia e pari dignità con Vienna. Perotti accetta di buon grado il lusinghiero suggerimento e la nostra rosa diventa presto popolarissima. Il suo avvenire sembra assicurato. Ma poi tra le rovine dell’impero rovina anch’essa e cade nell’oblio.

Per ritrovarla tra i frantumi di un mondo andato in mille pezzi bisognerà tornare a Trieste e attendere che, un secolo dopo Perotti, nasca un altro triestino appassionato collezionista di rose: Vladimir Vremec. Vremec ha studiato architettura del paesaggio a Vienna ed è tra i creatori del roseto di San Giovanni, che nel parco dell’ex ospedale psichiatrico raccoglie ben tremila varietà di rose, seimila esemplari in tutto.

Il roseto è stato inaugurato nel 2009, in occasione del centenario dell’istituzione dell’antico ospedale psichiatrico austro-unga. rico. Il suo cuore è una collezione di rose di quel periodo, dette rose della Secessione. Ed è proprio per studiare cinque rose della Secessione poco conosciute che Vremec intraprende il viaggio che lo porterà in Germania a ritrovare l’eroina di questa storia.

Una delle biblioteche più ricche in materia di rose si trova a Sangerhausen, nell’ex Ddr, sede di quello che è reputato, con ben 75 mila rose, il roseto più grande e più importante del mondo. Vremec vi sta compulsando gli annali di fine ‘800 della Rosenzeitung, la rivista degli amici delle rose tedeschi, quando si imbatte in un nome noto: Giulio Perotti. Conosce bene sia il nome sia il bel negozio di fiori che un tempo ornava Capo di Piazza. Ebbene, nel 1893 la rivista riferisce, con una grande illustrazione a colori in copertina, della nascita della nuova, bellissima rosa ad opera dell’ibridatore triestino.

Un ibridatore triestino! Una rosa nata a Trieste! Vremec si rende subito conto dell’importanza della scoperta. La sezione più ricca del roseto di San Giovanni, quella che raccoglie gli ibridi di tè e le rose a mazzetti, viene prontamente intitolata a Giulio Perotti.

Ma il detective rodologo è colto dall’urgenza di trovare, dopo la testimonianza cartacea, anche l’oggetto stesso della rivelazione: una rosa Deák ancora in vita, fiorita, profumata!

Facile da desiderare, difficile da realizzare. Bisogna mettersi puntigliosamente a cercare senza alcuna speranza concreta di riuscire nell’impresa. Vremec ha la fortuna di imbattersi nella signora Eva Kigyossy Schmidt che pure lei ha trovato qualche traccia della rosa secessionista triestina e che gli regala una copia dell’antico acquerello che la raffigura e che ha avuto l’onore della copertina della Rosenzeitung tedesca. «Gli acquerelli sono molto più precisi e affidabili di qualsiasi fotografia», dice Vremec che apprezza moltissimo il dono, un dono che si rivelerà fondamentale nel disvelamento del nostro giallo tinto di bianco.

Un secondo colpo di fortuna arriva nel parco di San Giovanni nel 2015 nell’ambito della manifestazione Rose libri musica vino. Durante una conferenza sulle rose italiane Vremec si dilunga con fervore sulla rosa triestina. E il caso vuole che tra i presenti ci sia anche una signora di origine istriana, Marta Markeži„, che avvicina Vremec e gli dice che davanti alla casa dei suoi avi in Istria, a ridosso del confine sloveno con la Croazia, cresce una bellissima rosa bianca di cui nessuno sa il nome. A regalarla a sua mamma, grande amante di rose, è stata un’amica. La talea ha attecchito, è cresciuta rigogliosa e i suoi fiori, le sue foglie, le sue spine assomigliano molto all’acquerello che Vremec tiene in mano.

Vremec non indugia, presto lo vediamo inerpicarsi sui colli fino a raggiungere a circa 500 m di altezza il piccolo paese di Pregara. Lì, davanti alla casa avita dei Markeži„, in un fazzoletto di giardino, finalmente la vede: alta e diritta, forte e sana, la rosa triestina, bianca di petali profumati, con un cuore di pistilli rossi e rossa anche di spine e di piccioli.

Già in agosto Vremec è di nuovo a Pregara per recuperare qualche talea. L’analisi morfologica dei petali, dei sepali, degli steli, delle foglie, delle spine e dei piccioli ha confermato l’identificazione. L’attento confronto con il prezioso acquerello della signora Kigyossy Schmidt ha convinto Vremec al 99%: la rosa di Pregara è la rosa di Perotti.

Il suo splendido ibrido di tè da Trieste ha raggiunto non solo Budapest e la Germania ma, per vie più tortuose e misteriose, anche il cuore dell’Istria.

Eppure lo sforzo investigativo di Vremec non è ancora finito. «Oggi esiste anche l’analisi del Dna», ricorda. «Dovrei dunque trovare un altro esemplare della rosa triestina in modo da poterlo confrontare con quello di Pregara e raggiungere una certezza del 100%».

La ricerca continua. Vremec spera che qualche cortile o giardino, a Trieste o a Budapest, conservi ancora il Ricordo di Ferencz Deák. Le talee della nostra rosa bianca si trovano intanto in buone mani nel vivaio La Campanella di Padova, dove la signora Sgarabottolo sta preparando 50 piantine che in autunno saranno pronte per l’impianto.

Il sogno di Vremec è di non metterle a dimora solo a Trieste, ma anche a Ueckermünde in Germania, città natale di Giulio Perotti, a Budapest, dove Ferencz Deák è sempre un eroe, e naturalmente ancora a Pregara, che potrebbe diventare il paese delle rose bianche.

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