… I sonetti, uno strumento di svelamento dell’animo umano
volutamente indistinto dal mondo naturale…
L’elemento estetico nelle opere di Shakespeare raggiunge il suo apice nei celebri sonetti, dove immagini, ritmi, suoni e colori aggiungono significato alla sua arte poetica.
Ciascuno di essi trasmette sentimenti, ritratti, temi di riflessione, ricordi, speranza o delusione, il passare inesorabile del tempo. Senza alcun dubbio, uno strumento di svelamento dell’animo umano volutamente indistinto dal mondo naturale che lo circonda.
Ed ecco allora apparire i fiori, gli alberi, le erbe e le piante che infondono vitalità e colore ai sentimenti, alle sensazioni, alle emozioni che Shakespeare ci fa percepire, toccare, odorare come parte essenziale della nostra esistenza.
In questo contesto e nell’intento di ampliare l’offerta culturale-didattica dei percorsi shakespeariani, l’Orto Botanico ha predisposto un cammino tra scienza e arte alla scoperta del patrimonio botanico e poetico che affiora in questa selezione dei Sonetti di Shakespeare.
Sonetto 25
Chi è in favore delle proprie stelle
si vanti di pubblico onore e superbi titoli,
mentre io, cui la sorte nega simili trionfi,
godo insperatamente chi maggiormente apprezzo.
I favoriti dei potenti schiudono i bei petali
soltanto come CALENDULE allo splendor del sole,
è già sepolto in loro il loro proprio orgoglio
perché alla prima nuvola cade la loro aureola.
L’eroico combattente, famoso per valore
se dopo tante vittorie subisce una sconfitta,
per sempre vien radiato dall’albo dell’onore
e in più dimenticato ogni successo ardito:
felice sono io che amo e son riamato
dove l’amor non cambia né può esser ripudiato.
Sonetto 54
Quanto ancor più bella sembra la bellezza,
per quel ricco ornamento che virtù le dona!
Bella ci appar la ROSA, ma più bella la pensiamo
per la soave essenza che vive dentro a lei.
Anche le selvatiche hanno tinte molto intense
simili al colore delle rose profumate,
hanno le stesse spine e giocano con lo stesso brio
quando brezza d’estate ne schiude gli ascosi boccioli:
ma poiché il loro pregio è solo l’apparenza,
abbandonate vivono, sfioriscono neglette e
solitarie muoiono. Non così per le fragranti rose;
la loro dolce morte divien soavissimo profumo:
e così è per te, fiore stupendo e ambito,
come appassirai, i miei versi stilleran la tua virtù.
Sonetto 93
Credendoti sincero, dunque io vivrò
come un marito illuso, così il volto d’amore
amore mi parrà, anche se menzognero:
i tuoi occhi con me, il tuo cuore altrove.
Poiché odio non può viver nei tuoi occhi,
non posso in essi legger mutamenti:
in molti sguardi l’infedeltà del cuore
è scritta in malumori, cipigli e rughe avverse;
ma il cielo nel crearti quel giorno sentenziò
che solo dolce amore dimorasse nel tuo viso;
quali fossero i pensieri o i moti del tuo cuore,
il tuo sguardo non avrebbe espresso che dolcezza.
Uguale al POMO d’Eva sarebbe la tua bellezza
se la tua natura non fosse pari al tuo sembiante!
Sonetto 94
Quelli che han potere di ferire e non lo fanno,
che non usano la forza in loro manifesta,
che commuovendo gli altri, restan come pietra,
apatici, freddi e sordi a tentazione:
godono davvero ogni favor del cielo
e proteggono da spreco i beni del creato;
questi son signori e padroni del loro volto,
gli altri non son che servi delle loro doti.
Dona fragranza all’estate lo sbocciar d’un fiore
anche se vive e muore soltanto per se stesso,
ma se quel fior s’infradicia d’infimo contagio,
la più vile erbaccia fiore parrà al confronto:
più una cosa è dolce, più agra divien se infetta,
imputriditi i GIGLI puzzano ben più di erbacce.
Sonetto 98
Anche in primavera fui da te lontano
quando il leggiadro Aprile, tutto vestito a festa,
suscitava in ogni cosa un tale brio di gioventù
che rideva anche Saturno e con lui danzava.
Ma, né i canti degli uccelli, né il profumo dolce
dei differenti fiori sia in fragranza che colore,
potevano indurmi a pensare una gioiosa storia
o a coglierli dal grembo ove floridi crescevano:
e neppur mi affascinava il candor dei GIGLI
né potei apprezzare il rosso acceso delle ROSE;
non eran che profumi e deliziose forme
raffiguranti te, tu lor unico modello.
Ma per me era sempre inverno e lontan da te,
mi dilettai con loro come con l’ombra tua.
Sonetto 99
Così ho rimproverato la VIOLETTA audace:
ladra soave, a chi rubasti quel dolce tuo profumo
se non al respiro del mio amore? Il purpureo orgoglio
che a color dimora sulla tua soffice corolla
è ovvio che l’hai preso dalle vene del mio amore.
Ho accusato il GIGLIO di plagio della tua mano,
e dei tuoi capelli i fior di MAGGIORANA;
le ROSE timorose si ergevan sulle spine,
una rossa di vergogna, l’altra bianca di paura;
una terza, né rossa o bianca, entrambe avea rubato
e alla sua rapina aveva aggiunto il tuo respiro;
ma per quel furto, nel vigor della sua crescita,
vindice un verme la divorava a morte.
Altri fiori ho notato, ma non ne vidi uno
che non ti avesse tolto o il colore o il profumo.